Album di famiglia

Album di famiglia

#iorestoacasaeguardolefoto

#andràtuttobene

#famigliamarettimaradiquaedilàdalmare

Da giorni abbiamo tempo, quello necessario per preoccuparci, quello giusto per pensare, quello appropriato per osservare. I giorni stanno passando e sperimentiamo questa dilatazione, stiamo al riparo e misuriamo la capacità di resistere al tempo. Nel mio isolamento sfioro oggetti, libri dimenticati, abiti dismessi, ricordi, tutto torna, ogni traccia, ogni residuo emerge e viene a galla dentro di me.

Ho il tempo per arrendermi alla paura e ancora più tempo per scioglierla perdendomi in qualunque cosa culli la mente. Costretta, avvilita e cosciente cerco le vite degli altri e le trovo sui social media, belvedere unici, binocoli indispensabili.

L’applicazione blu travolge anche me come un fiume in piena, basta un clic e sento l’odore delle pizze appena sfornate in tutta Italia misto al marcio delle fake news. Un rischio che vale la pena di correre e se penso al monito di chi disse che le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per tutta la vita, di scelte faccio le mie. Così, in questi giorni kafkiani, tralascio le ipotesi e i complotti dell’ultima ora, sorvolo e perdono l’audacia degli spacciatori di pietanze gourmet e mi concedo il piacere di dissolvere i malumori dentro immagini preziose.

Scelgo la libertà percepita attraverso le fotografie di luoghi, di gente, di scorci, vecchi e nuovi racconti senza parole. Scelgo la bellezza e il silenzio perché le fotografie non parlano, scorrono mute e si fanno rifugio essenziale, passatempo ritrovato.

Mi lascio fissare dalle foto di ieri, ricambio lo sguardo in un atto d’amore e di custodia. Loro, le fotografie, non cambiano mai allora cerco i dettagli autentici, la spontaneità capace di catturare la sostanza del tempo fermato. Vivo così il riassunto di un secolo e dell’isola che amo. Osservo i volti lontani, gli abiti e i mobili antichi. Le donne stanno sedute, gli uomini in piedi, i bambini in braccio, le stoffe e le coperte ricamate sono lo sfondo bello di un mondo in bianco e nero, erano gli anni Venti. Qualche decennio più avanti la tonalità seppia colorerà allo stesso modo le reti da riparare e i calzoni girati fin sopra la caviglia dei pescatori. Imparo mestieri di un’isola che era diversa. Galleggio dentro le prime foto a colori, tinte pastello per un effetto sgranato che mi emoziona, tocco lo schermo del cellulare e mi accorgo del limite, vorrei averle tutte fra le mani, sentire la carta ruvida e percepire l’odore del tempo, dei cassetti chiusi, della muffa.

Gli audaci anni Ottanta ritraggono, a colori, feste, scampagnate, gite in barca, viaggi e il blu di una Marettimo allegra. Mi muovo tra le foto di gruppo come quando invitata ad una festa dove conosco poca gente aguzzo la vista per riconoscere qualcuno, è un gioco, vado avanti e indietro nel tempo, di qua e di là dal mare a cercare ciò che resta e quello che si è trasformato. I ricordi non scivolano e, come le fotografie, vengono a noi, arrivano in soccorso e creano ponti per raggiungere altri momenti da fermare. Mi affido, sicura, all’abbraccio e al sorriso di due giovani marettimari, li riconosco. La foto sembra ingiallita ma conserva la luce e la spontaneità dello scatto. L’altare decorato sullo sfondo denuncia una data precisa, è il 19 marzo. La tavola è ricca, vino e dolci per festeggiare il santo patrono, la famiglia e l’amore. Erano gli anni Sessanta quando la zia Ignazina e lo zio Tuzzo si stringevano felici, gli stessi anni in cui Jimmy Fontana cantava “Il mondo, non si è fermato mai un momento. La notte insegue sempre il giorno ed il giorno verrà.”

di Laura Lodico